È la seconda opera drammaturgica di Luigi Squarzina, scritta tra il 1949 e il 1952, ed è anche il secondo spettacolo, dopo il magistrale Amleto in versione integrale, prodotto dal Teatro d’Arte Italiano fondato dallo stesso Squarzina e da Vittorio Gassman per portare la cultura in palcoscenico.
Tre quarti di luna è messo in scena al Valle di Roma il 3 marzo 1953 con la regia di Gassman, che è anche l’attore protagonista, e le scene e i costumi di Mario Chiari. Segna, inoltre, il brillante esordio come attore del ventenne Luca Ronconi. Squarzina racconta del suicidio del liceale Enrico e dell’indagine della sorella Elisa (Anna Proclemer) e dell’amico seminarista Mauro (Luca Ronconi) per scoprire il motivo di quel gesto disperato. Lo individuano nella stroncatura di una tesina di Enrico da parte del preside gentiliano Piana (Vittorio Gassman) che, ritenendola contraria ai suoi principi didattici, la boccia ed impedisce così l’accesso all’università del giovane. L’amico Mauro, per vendicarlo, uccide il preside con una baionetta.
Tre quarti di luna, dunque, esprime la tragedia del rapporto educativo che postula la libertà da pregiudiziali ideologiche e l’autonomia culturale degli allievi, ma sullo sfondo della storia, come nei film di Visconti, politica e società sono ben presenti e visibili nel contesto della riforma Gentile e della marcia su Roma e della inadeguatezza politica e culturale della borghesia non politicizzata rispetto al prepotente avvento del fascismo. È un’opera assai singolare rispetto alla prevalente tendenza regressiva di “ritorno all’ordine” della coeva drammaturgia nazionale, poiché rappresenta una verità aspra senza demagogia ed esprime un grande coraggio morale. Il successo di pubblico e di critica è clamoroso. Vince il premio Saint Vincent 1953. Si ritiene Luigi Squarzina il primo vero autore del dopoguerra.
Nel 1955 Tre quarti di luna è messo in scena al Piccolo di Milano con la scenografia di Luciano Damiani ed i costumi di Ebe Colciaghi. È di nuovo rappresentato nel 1962 dal Teatro Stabile di Trieste con la regia di Fulvio Tolusso e scene e costumi di Gianfranco Padovani, poi dal Teatro Sloveno nel 1975, e infine, nel 1976, dal Teatro dei Filodrammatici di Milano con la regia di Enrico D’Amato e scene e costumi di Lorenzo Ghiglia.
Dunque quest’opera di Squarzina conserva il suo fascino e continua a suscitare grande interesse anche negli anni sessanta e settanta, tanto che nel 1971 la Rai ne presenta un’edizione televisiva con la regia di Sandro Bolchi.