Emmetì

Debutto: Genova, Politeama Genovese, 9 marzo 1966

Regia Luigi Squarzina
Regista assistente Carlo Quartucci
Scene e costumi Gianni Polidori
Musiche Gino Paoli
Produzione Teatro Stabile di Genova

Personaggi e interpreti

Caio Ivo Garrani 
Claudio Paolo Ferrari
Crepacuore Leo De Berardinis 
Il giovane spento Rino Sudano
Tomasi Luigi Carubbi 
Aldo Piergiorgio Menegazzo
I tre belloni Marcello Aste 
L’uomo del juke-box/uomo al caffè Gianni Fortebraccio 
Mariateresa Lea Massari 
Cinzia Livia Giampalmo
Susanna Maria Grazia Grassini
Ondina Gabriella Era 
La casalinga Anna D’Offizi
Uomini, donne e bambini al caffè Luigi Castejon
Giselda Castrini
Cosimo Cinieri
Sabina De Guida
Sandro Dal Buono
Giorgio De Virgiliis
Margherita Fumero
Enio Gaggiotti
Vittorio Penco
Maggiorino Porta
Myria Selva
Voci del juke-box Gino Paoli
Lea Massari

Scritta da Squarzina tra il 1961 e il 1963 è la storia di Caio, intellettuale da salotto che chiede ad Emmetì di far innamorare Claudio, giovane industriale, per carpire informazioni sulla avidità della borghesia. I due si innamorano ma poi Claudio ritorna dalla primitiva fidanzata ed Emmetì si accorge del velleitarismo rivoluzionario di Caio. Lieto fine parodistico: Emmetì e Claudio annunciano le loro nozze. La commedia costituisce una novità rilevante nel percorso artistico di Squarzina perché l’autore opera una brusca virata formale e stilistica, rispetto alla sua precedente produzione drammaturgica. Propone, cioè, “un preciso aggiornamento dei moduli espressivi” tenendo conto delle sperimentazioni in corso nell’arte e nella letteratura e delle esigenze espressive della neo-avanguardia teatrale in relazione alle tematiche più significative degli anni Sessanta del Novecento, come il consumismo, la civiltà di massa, la pubblicità, l’industria culturale.

Sfidando la critica più tradizionale, mette in atto una rischiosa operazione artistico-culturale. Scrive un testo senza punteggiatura e senza didascalie, in quanto limitative dell’efficacia della parola, sperimentando un linguaggio inedito per la scena italiana per evidenziare la banalità e l’insensatezza del linguaggio usuale che portano alla “dissoluzione di significati della vita quotidiana di quegli anni, riflettendone l’alienazione”. La commedia è definita dall’autore una critica parodica all’avanguardia con i mezzi stessi dell’avanguardia; in realtà c’è dentro Pirandello e Ionesco e c’è l’indignazione dell’uomo di cultura nei confronti della mercificazione della cultura e dell’arroganza dell’intellettualità pseudo-rivoluzionaria.

La commedia riceve grandi lodi dalla critica e ottiene il Premio IDI 1966, ma subisce un incredibile processo giudiziario per vilipendio alla religione. Squarzina ne esce assolto con formula piena perché la sua opera non solo non offende la religione, ma è ricca di una grande moralità.

“La storia d’amore va letta soprattutto come un tentativo non riuscito di liberazione sessuale della protagonista e va inserita nel contesto storico della mercificazione di qualsiasi valore, dell’alienazione consumistica, della vacuità parolaia, della rinuncia alla responsabilità. Sono queste gravi contraddizioni della società dell’epoca che mi interessava ben rappresentare e che del resto si ripercuotono sul rapporto d’amore tra Emmetì e Claudio determinandone il fallimento”.

Luigi Squarzina

Tratto da E. Testoni, Dialoghi con Luigi Squarzina, Firenze, Le Lettere, 2015, p. 176

 

 

Si ringrazia il teatro Nazionale di Genova per la concessione dell’utilizzo del materiale fotografico.