Amleto

Debutto: Roma, Teatro Valle, 28 novembre 1952

Traduzione Luigi Squarzina
Regia  Luigi Squarzina e Vittorio Gassman
Scene e costumi Mario Chiari
Musiche Giuseppe Piccioli
Produzione Teatro D’Arte Italiano
diretto da Vittorio Gassman e Luigi Squarzina

Personaggi e interpreti

Claudio, nuovo re di Danimarca Mario Feliciani
Amleto, figlio del defunto re e nipote del regnante Vittorio Gassman
Gertrude, regina di Danimarca e madre di Amleto Elena Zareschi
Polonio, alto dignitario Gianni Cavalieri
Ofelia, figlia di Polonio Anna Proclemer
Fortebraccio, principe di Norvegia Andrea Bosic
Laerte, figlio di Polonio Luigi Vannucchi
Orazio,  amico di Amleto Carlo d’Angelo
Voltimando, ambasciatore in Norvegia Stefano Varriale
Cornelio, cortigiano Nerio Stucchi
Rosencrantz, cortigiano Jacopo Tecchio
Guildenstern, cortigiano Marcello Bertini
Osrico, cortigiano Mico Cundari
Marcello,  ufficiale danese Sergio Fantoni
Francesco, soldato di guardia Carlo Goni
Bernardo, soldato di guardia Giovanni Conforti
Reginaldo, servo di Polonio Cesare Tiani
Un capitano norvegese Nino Conti
Primo attore Lucio Ardenzi
Secondo attore Franco Pastorino
Terzo attore Giancarlo Gonfiantini
Primo becchino Ferruccio Stagni
Secondo becchino Franco Pastorino
Un prete Stefano Varriale
Un messaggero Renato Mori

E’ la prima rappresentazione del Teatro d’Arte Italiano fondato e diretto da Luigi Squarzina e Vittorio Gassman. Il testo è tradotto da Squarzina e da lui messo in scena per la prima volta in Italia in edizione integrale. Lo spettacolo è corredato da assai corpose Note di regia che danno conto del lavoro di riflessione critica e di invenzione sottostante alla messinscena. Il senso dell’operazione è quindi spiegato dallo stesso Squarzina: “Restituire alla tragedia la sua integrità: rotto ad un uso secolare di mutilazioni o di divulgazioni malintese, il testo doveva apparire non soltanto nella sua vastità, ma nel suo linguaggio, nel suo ambiente naturale, nel suo ritmo, nella sua struttura, affinché il personaggio, svincolato dai luoghi comuni romantici e post-romantici, potesse ritrovare la sua coerente funzione di specchio di un’età in crisi”. La messinscena afferma con autorevolezza la concezione di regia in uno spettacolo che si qualifica come teatro d’attore. Squarzina inquadra la rappresentazione nelle leggi sceniche del teatro elisabettiano, ricostruendo il pensiero dell’autore e il contesto storico. Lo spettacolo suscitò l’entusiasmo irrefrenabile del pubblico che ogni sera accorreva assai più numeroso del pubblico che assisteva all’Eliseo al concorrente spettacolo Tre sorelle di Cechov allestito da Luchino Visconti.