Noi entrammo in Accademia volendo cambiare la fisionomia del teatro dell’epoca: rappresentare testi importanti rispettandone l’integrità, produrre pochi spettacoli all’anno, curando le prove e l’allestimento scenico.
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Una foto e una citazione di Luigi Squarzina. Le foto non rappresentano necessariamente il contesto della citazione ma ne evocano il contenuto.
Noi entrammo in Accademia volendo cambiare la fisionomia del teatro dell’epoca: rappresentare testi importanti rispettandone l’integrità, produrre pochi spettacoli all’anno, curando le prove e l’allestimento scenico.
Il nostro compito, dunque, era quello di diffondere la regia, di far rispettare le parole dei poeti come quelle degli artigiani del teatro, di creare repertori qualitativamente significativi e di limitare il potere decisionale dell’attore.
La regia nasce dunque come emblema di libertà, di indipendenza, di superamento della costrizioni del passato.
Il regista obbligava l’attore a rispettare il testo drammaturgico e il suo autore. Il regista chiedeva, inoltre, all’attore di subordinarsi ad un progetto, di non collocarsi sempre al centro della scena, ma di occupare a volte il centro, a volte gli spazi laterali, di concepire la scenografia non come un insieme di oggetti su cui sedersi, ma come spazio autonomo.
La regia, infatti, non è quella pratica individuale, personale e “monocefala” che solitamente si intende, essa è, al contrario, un’arte a più mani, un’arte che si nutre di più contributi.
La connotazione di materialismo storico, di ricerca, è qualcosa che non si rinnega, che ti accompagna sempre e che ti pone costantemente in dialettica nei confronti di quello che succede, che è successo, che succederà.