Misura per misura

Debutto: Roma, Teatro Argentina, 21 dicembre 1976

Traduzione Luigi Squarzina
Regia Luigi Squarzina
Registi assistenti  Gianni Fenzi
Angelo Corti
Lorenza Codignola
Aiuto regista Mario Rellini
Scene e costumi  Emanuele Luzzati
Musiche Benedetto Ghiglia
Produzione Teatro di Roma

Personaggi e interpreti

Vincenzo, duca di Vienna Luigi Vannucchi
Angelo, vicario Gabriele Lavia 
Escalo, nobile anziano Tino Bianchi 
Claudio, giovane gentiluomo Claudio Puglisi 
Lucio, fantastico Mario Scaccia 
1° gentiluomo Edoardo Sala 
2° gentiluomo Lorenzo Moncelsi
3° gentiluomo Gianni Williams 
Il Bargello SebastianoTringali 
Frate Pietro Pino Sansotta 
Gomito, guardia Ettore Conti 
Schiuma, cliente di bordelli Alberto Sorrentino 
Pompeo, servo di madama Strafotta, clown Gianni Fenzi 
Abominevole, boia Franco Calogero 
Bernardino, galeotto Franco D’Amato 
Un giudice Romolo Barbona 
Un carceriere Roberto Longo
Isabella, sorella di Claudio Ottavia Piccolo 
Giulietta, fidanzata di Claudio Francesca Muzio
Marianna, fidanzata di Angelo Rosa Maria Tavolucci
Francesca, monaca Patrizia Sacchi 
Madama Strafotta, ruffiana Jole Silvani 
Un bambino che canta Antonio Valenti 
Guardie Enzo Benelli
Enzo Provenzano
Mario Rellini
Massimo Rinaldi

Squarzina ne ha allestito ben tre edizioni, nel 1957, nel 1976 e nel 1980, secondo differenti letture. Fin dalla prima edizione ne ha curato la traduzione, considerata pregevole e teatralmente valida, moderna e brillante. 

Nella prima edizione Squarzina legge nella commedia scespiriana l’ipocrisia della censura, allora vigente, con una regia leggera e gradevole, aderente allo spirito del dramma, sobria e nitida, organica ed elegante, che rendeva un grande omaggio alla cultura. 

Nella seconda edizione colloca la messinscena nella sua dimensione culturale e storica, rendendo Shakespeare nostro contemporaneo; vi legge, infatti, “i temi dell’ambiguità del potere, religioso, politico, giudiziario della città corrotta e ingovernabile che si deve comunque governare, dell’ordine e del disordine inestricabilmente mischiati”.

Per definire le motivazioni culturali e politiche e le connotazioni teatrali della commedia, nell’ambito del teatro elisabettiano e cogliere i possibili nessi con le nostre problematiche degli anni Settanta del Novecento, correda la messinscena di lezioni universitarie, dedicando a Shakespeare, nel 1976-77, un corso monografico. Quindi Squarzina accompagna le felici repliche nei teatri italiani di Misura per misura con il saggio “Le strutture del teatro elisabettiano-giacobeo” (1978). 

La messinscena della seconda edizione e le considerazioni sviluppate nel corso monografico e nel saggio possono essere lette come riferimenti alla nostra storia nazionale dell’ultimo quarto del secolo scorso. E questo è il pregio fondamentale della lettura innovativa di Squarzina di un grande classico: il multiforme sopruso del potere, l’ipocrisia della virtù e della purezza, il disfacimento dei valori e la confusione dei linguaggi morali, l’iniquità mascherata di giustizia.

La messinscena, pur con l’indicazione precisa dei nessi con la storia politica, sociale e culturale dell’Inghilterra, è proiettata verso il nostro tempo tanto che “lo Shakespeare di Squarzina diventa contemporaneo… attraverso una lettura tanto umile quanto penetrante, fatta, però, con vigile coscienza di uomo moderno”, una scavata lettura frontalmente d’attualità, tutta civile, (politica quindi, ma non politicizzata)”.

La terza edizione è preceduta dal saggio “Brecht e gli elisabettiani” (1979) in cui propone il confronto tra “Teste tonde e teste a punta” di Brecht e il testo scespiriano, fonte primaria della commedia di Brecht, progettandone la contemporanea messinscena non realizzata per problemi di diritti d’autore. In questa edizione, “sulle tortuosità ideologiche e sull’interplay dei personaggi principali non potevano non pesare, data la misteriosa virtù di sismografo del testo, i tre anni che dal ’76 al ’79 ci hanno sconvolto… anni in capo ai quali il potere è riuscito a riproporre sfacciatamente se stesso, aiutato proprio dal «terrore» che rafforzava di fatto il dominio che dichiarava di voler scalzare”.

Dunque, ancora una volta, Shakespeare nostro contemporaneo.

Si ringrazia il teatro di Roma per la concessione dell’utilizzo del materiale fotografico.