Scritto con Vico Faggi (pseudonimo di Sandro Orengo) nel 1968, narra le vicende del primo sciopero generale, nel 1900, in una città italiana, Genova, per protesta contro la chiusura della Camera del Lavoro ordinata dal prefetto. Cinque giorni al porto si inseriva perfettamente nella programmazione teatrale, ideata da Squarzina, degli spettacoli storico-dialettici con i quali affrontare i nodi della storia recente dell’Italia ed i grandi temi ideologici e politici. Testo e spettacolo sono straordinariamente contemporanei. In quel periodo, infatti, si accentuano le lotte operaie, gli scioperi e le agitazioni. Le centinaia di portuali genovesi che assistono alle anteprime dello spettacolo applaudono con entusiasmo.
Cinque giorni al porto segue il modello del teatro-documento, basato su una ricca e attentamente valutata documentazione, ma non elude le ragioni dello spettacolo espresse nell’invenzione scenica d’apertura, cioè la narrazione dei fatti affidata ad una lezione di Luigi Einaudi, non a caso nel 1923, sollecitato dall’allievo Piero Gobetti. Vincitore del Premio Saint Vincent è messo in scena dal Teatro Stabile di Genova il 1 aprile 1969 alla Sala della “Chiamata Stefano Canzio”, con la regia di Luigi Squarzina e le scene di Gianfranco Padovani. Squarzina tiene in campo e dirige trentadue attori. La rappresentazione ottiene un grande successo di critica e di pubblico in tutta Italia nella sua lunga tournée di due anni. Ma scoppia una vivace polemica con l’Unità, nella sua edizione genovese, che esprime rilievi, peraltro non congrui. Squarzina se ne duole e chiama in causa con una lettera il direttore dell’Unità Giancarlo Pajetta, che dichiara di condividere le ragioni del regista-autore.